Packaging in Giappone
In Giappone incartano tutto con la massima cura e spesso è proprio la confezione di un regalo che fa bella figura, non quello che c’è all’interno.
Tutto questo l’ho scoperto già nel mio primo viaggio in Giappone, prima del quale avevo letto la newsletter bisettimanale di Paolo Marchetti in cui c’era un articolo proprio intitolato “La sublime maledizione del packaging” di cui vi voglio parlare.
E’ un po’ una maledizione perché tutto in Giappone ve lo incartano in modo perfetto con confezioni all’interno di confezioni, come le matrioske. Una volta mi hanno regalato una scatola al cui interno c’erano due scatole rettangolari, al cui interno di ciascuna c’erano tre scatole al cui interno di ciascuna scatola c’erano cinque biscotti incartati singolarmente. Cose da pazzi.
Quando si regalano i soldi, ma anche quando si danno soldi in generale, in Giappone bisogna metterli all’interno di una busta, ce ne sono in vendita in ogni cartoleria.
La frutta più pregiata è incartata singolarmente, probabilmente avrete sentito parlare dei famosi meloni giapponesi in vendita a prezzi incredibilmente alti. Oltre ad avere una forma perfetta sono incartati a regola d’arte, per questo il costo è quello che è. Anche le banane a volte sono incartate singolarmente!
Il problema è che trovare un cestino non è proprio semplice, se ne trovano fuori dai conbini e ogni tanto in stazione; quindi tutte le cartacce rischiate di portarle con voi per un bel po’.
Un’esperienza da ricordare
Nel mio primo viaggio mi ero perso, forse volontariamente, nella stazione di Ginza e mi stavo guardando un po’ intorno. Ho visto un negozio di alimentari dove vendevano l’ottimo cioccolato Amedei e dei dolci. Non avendo mai mangiato una torta fatta con questo cioccolato (ma conoscendolo di fama) ho deciso di comprarne una fetta.
Pensavo che me la dessero in mano con un tovagliolo in modo da poterla mangiare al volo, invece si sono messi a fare una mega confezione (qua sotto le foto). Praticamente hanno messo della pellicola trasparente intorno alla torta, due pezzi di plastica per far sì che non si muovesse nella scatola, dentro la quale hanno anche messo due bustine di ghiaccio e mi hanno dato anche una forchetta. Il tutto messo all’interno di una borsa elegante con il marchio Amedei.
La torta effettivamente costava abbastanza, mi sembra 600 o 800yen, però il costo ho l’impressione che si andato tutto a coprire i costi di confezionamento. Incredulo della cosa sono uscito dalla stazione ed ho fatto qualche foto.
Ma voi credete che sia finita qua? Eh no…
Qualche giorno dopo ero sempre in zona e siccome la torta era fantastica ho deciso di prenderne un altra fetta. Sono tornato nello stesso posto ed ho detto “no bag – no packaging” e mi hanno guardato increduli. C’era coda e una cliente giapponese che parlava inglese mi ha detto spazientita qualcosa tipo “scelgono loro la borsa, non fare il difficile” credendo che volessi qualche confezione particolare e allora ho spiegato che non la volevo proprio la confezione. Mi hanno guardato come fossi un alieno. Cosa avevo fatto di male? semplicemente avevo rotto il preciso meccanismo giapponese “prendi l’ordine – incarta – incassa – dai il resto …”. Senza la parte dell’incartamento i commessi erano andati in tilt, si sono messi a parlare tra di loro (erano 3 o 4) per un attimo e poi uno è corso via. Dopo qualche minuto è arrivato un signore in giacca e cravatta (suppongo il direttore) che ha valutato la situazione ed ha dato l’ok per far sì che la commessa mi desse in mano la fetta di torta con un semplice tovagliolino. Mi guardavano tutti. Sono uscito e con gran soddisfazione ed ho mangiato la fetta di torta nella stazione di Ginza, senza la rottura di portarmi appresso tutto quel confezionamento.
Oltre ad aver interrotto il complesso meccanismo giapponese di confezionamento forse non si aspettano che uno prenda una fetta di torta in mano anche perché in Giappone è maleducazione mangiare per strada se si cammina. Se ci si ferma in un angolo la cosa è tollerata, ma forse considerano un sacrilegio mangiare “al volo” una fetta di torta di un cioccolato pregiato.
E’ stata un’esperienza fantastica, da quel giorno ho capito che è bene non interferire in queste complessità del mondo giapponese. Ma poi non ho capito, lo strano sono io…o loro?
Bento in stazione
La prima volta che ho visto le confezioni di bento in stazione sono rimasto scioccato. Vi spiego: nel bento mettono un po’ di tutto, pesce, uova, riso ecc. Un italiano si aspetta che tutto questo cibo sia messo in spartane confezioni in plastica col coperchio rilegato con lo scotch. Invece no. Molti negozi di bento nelle stazioni hanno delle confezioni decisamente eleganti. A vederle io mi immaginavo che fossero state fatte in qualche azienda diversi giorni prima, invece nonostante siano così curate sono fatte poche ore prima e i prodotti all’interno sono freschissimi.
Vi sembrerà strano ma io la prima volta che ho visto una scatola di bento così curata esternamente ero molto titubante nel mangiarla, mi immaginavo qualche cibo vecchiotto a cui avevano messo una bella scatola per poterlo vendere. Invece tutt’altro! Il cibo del bento è fantastico.
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Marco Togni
Abito in Giappone, a Tokyo, da molti anni. Sono arrivato qui per la prima volta oltre 15 anni fa. Fondatore di GiappoTour e GiappoLife. Sono da anni punto di riferimento per gli italiani che vogliono venire in Giappone per viaggio, lavoro o studio. Autore dei libri Giappone, la mia guida di viaggio, Giappone Spettacularis ed Instant Giapponese (ed.Gribaudo/Feltrinelli) e produttore di video-documentari per enti governativi giapponesi. Seguito da più di 2 milioni di persone sui vari social (Pagina Facebook, TikTok, Instagram, Youtube).